Il 130° anniversario del Convitto-Collegio Santa Chiara

Correva l’anno 1894 quando nel mese di ottobre (130 anni or sono) il chierico don Luigi Orione inaugurava nei locali dell’ex convento delle suore francescane – soppresso dalle leggi napoleoniche nel 1802 e successivamente destinato a caserma militare – il Collegio-Convitto Santa Chiara.  Una scelta attentamente valutata da don Luis che doveva necessariamente abbandonare la sede in San Bernardino, aperta l’anno precedente, in quanto ormai era divenuta insufficiente per l’elevato numero di allievi. Un immobile ampio, un po’ fatiscente, che necessitava di interventi per renderlo adatto allo scopo. Una cartella dell’Archivio Storico del Comune di Tortona raccoglie una serie di documenti che ci consentono di conoscere le vicende di tutta la storia che dall’apertura giunge fino alla chiusura avvenuta nell’aprile 1906. Sono tutti documenti burocratici, nessun accenno ad avvenimenti che hanno avuto del miracoloso, ma che offrono un quadro esaustivo delle difficoltà affrontate da don Orione per aprire e gestire il Santa Chiara.

Questi il 4 maggio 1894 inviava formale richiesta per l’affitto dei locali e dopo vicende che interessarono sia la Giunta che il Consiglio comunale si giunse alla delibera di concessione. Il canone annuo di affitto inizialmente stabilito in L. 800 lievitò a L. 900 e la delibera consigliare che siglò il contratto porta la data del 18 giugno. L’accordo stabiliva una durata decennale: 1° settembre 1894 – 31 agosto 1904. Nella vicenda intervenne anche la Sottoprefettura chiedendo di fornire la relazione dell’ingegnere civico circa i lavori da effettuare. Il contratto di affitto, nel frattempo, subì un ritocco. Il 12 luglio don Orione al fine di ovviare ad «una maggior offerta che altri possa fare di lire duecento» manifestava il suo impegno ad elevare il canone «non più a lire novecento, ma mille e cento». Al di là delle pastoie burocratiche l’iniziativa orionina trovò ostacoli anche di origine politica da parte della fazione anticlericale. Il periodico La Lanterna nel denunciare l’incapacità dell’Amministrazione comunale nel realizzare e gestire in proprio una scuola diffuse la notizia – poi rivelatasi falsa – del veto del ministro Crispi. Un provvidenziale telegramma ministeriale ordinava di non frapporre ostacoli. Il 30 agosto don Orione sollecitava l’inizio dei lavori necessari per consentire l’apertura del Convitto-Collegio e don Campagna  scrive: «alla metà di ottobre tutto è pronto. Si parte per la nuova avventura». E di una vera e propria «avventura» si trattò.  La documentazione archivistica fornisce tutta una serie di difficoltà che emersero data la vetustà dell’immobile: problemi al sistema fognario, il crollo, durante le vacanze estive, «di un voltino di una delle gradinate che mettono al piano superiore», l’indispensabile riparazione della pompa dell’acqua divenuta «inservibile», il rifacimento del portone che immetteva in corso Montebello, la riparazione delle grondaie e i lavori per i miglioramenti dei servizi igienici. Una preoccupazione dopo l’altra che tribolarono don Luis senza peraltro distoglierlo dalla sua opera educatrice che nel corso degli anni vide lievitare il numero dei convittori per i quali si resero disponibili due nuove camerate. Nel continuo interscambio di lettere con la Giunta per la soluzione dei problemi chiedendo – e non sempre ottenendo – un aiuto economico, don Orione si trovò in difficoltà con il Consiglio Sanitario in merito ad alcuni lavori ritenuti indispensabili minacciando in caso contrario la chiusura del Collegio. In merito alla questione intervenne direttamente il vescovo che in una lunga lettera, non datata, ma probabilmente risalente al marzo 1899, indirizzata alla Giunta sottolineava l’importanza del Convitto. «Trattandosi di cosa della massima importanza – così chiosava mons. Bandi – e del vero bene anche materiale della città voglio sperare che l’onorevole Giunta farà buon viso a questa mia raccomandazione e concederà quegli aiuti che sono indispensabili per ottenere che prosperi finalmente in Tortona un ben diretto e numeroso Collegio che si fu sempre desiderio di tutti […]». La Giunta per evitare la chiusura del Collegio che avrebbe prodotto «gran danno alle famiglie» stanziò la somma di L. 200.  Gli anni passavano e l’aria in Municipio era cambiata. Nelle elezioni amministrative del 15 novembre 1903 frange radical-liberali unitamente ai socialisti vinsero le elezioni portando nel marzo 1904 l’avv. Luigi Ubertis a ricoprire la carica di Sindaco. Il pericolo immediato era il possibile mancato rinnovo del contratto di affitto in scadenza al 31 agosto. Don Orione era preoccupato: «mi hanno già tolto metà del locale e hanno piantato la Camera del Lavoro. Io resto senza Casa Madre da collocare i miei». Stessa preoccupazione di don Sterpi: «ci hanno, diciamo così, tollerati perché si faceva del bene alla povera gente […] possiamo dire che ci rispettano». Il 30 marzo 1906 veniva notificato l’ordine di abbandonare i locali. Don Orione da tempo aveva già trovato una soluzione con l’acquisto dell’immobile posto di fronte al Santa Chiara. Si trattava della sede degli Oblati donata dal vicario generale mons. André al vescovo. Vicenda, anche questa, complessa e sofferta narrata nel 2006 da don Paolo Clerici nel capitolo: Il difficile acquisto della “Casa Paterno”.