Vendemmia 2024, parlano i viticoltori: tradizione e nuove sfide per Danilo Boveri

Nella settima puntata della nostra “inchiesta” sulla vendemmia 2024 ospitiamo un intervento del vignaiolo Danilo Boveri di Monleale Alto.

Come è andata la vendemmia 2024? Che tipi di vini producete? Quali sono le vostre etichette principali? E’ stato un anno particolarmente difficile, segnato da eventi climatici sfavorevoli e da gravi perdite familiari. All’inizio dell’anno abbiamo pianto il cugino Ezio Mogni, una persona che, oltre ad essere un parente, si è sempre dimostrata disponibile e generosa con tutti a 360°. La tristezza si è poi accentuata con la scomparsa di mio padre Renato, un grande patriarca anche per il nostro territorio e non solo, che ha vissuto fino a 102 anni e mezzo, lasciandoci un’eredità di saggezza e amore. Pochi giorni dopo, abbiamo dovuto affrontare anche la perdita della sua amata sorella Teresa, una figura centrale per la sua famiglia, dopo la dolorosa e prematura scomparsa del grande marito Augusto.

Teresa è stata un pilastro ineguagliabile per i suoi figli e nipoti, una guida luminosa e affettuosa che ha lasciato un’impronta indelebile nelle loro vite. È stata la madre di due illustri protagonisti del nostro territorio, la sindaca di Monleale, Paola, audace leader e instancabile servitrice della comunità e dell’azienda di famiglia, e Walter Massa, figura eminente e rispettata, il cui contributo ha ineguagliabilmente arricchito il nostro Territorio. Mi scuso per questa digressione, ma ritenevo importante enfatizzare che, spesso, nel mondo del vino si parli solo delle sfide legate al clima o all’economia, dimenticando come gli affetti personali siano fondamentali per il nostro lavoro e il tessuto sociale. Come diceva Sant’Agostino: “Non rattristiamoci per averli perduti, ma rallegriamoci per averli avuti”. Venendo alla vendemmia, le preoccupazioni sono aumentate a causa delle piogge persistenti che hanno colpito molte regioni del Nord Italia, tra cui l’Oltrepò, il Canavese e la Spuantistica Franciacorta. Nel nostro territorio, queste anomale precipitazioni sono durate più di due mesi e mezzo, rendendo palpabile il detto “Mal comune, mezzo gaudio” che hanno favorito attacchi fungini da peronospora, portando a una riduzione della produzione di uva. Fortunatamente, laddove le condizioni erano più favorevoli grazie a una migliore esposizione e ventilazione, abbiamo registrato un calo della produzione del 20-30%. In altre vigne, a parità di cure, purtroppo, le perdite hanno superato anche l’80%. Nonostante ciò, possiamo rilevare che la qualità delle uve è rimasta molto elevata. Coltiviamo diverse varietà di uve: di Barbera, produciamo tre etichette, Barlou, Santambroeus e Monleale, quest’ultimo affinato per oltre due anni in originali carati in rovere. Con la Croatina otteniamo il Cravgass, mentre dalla Freisa nasce il Dre D’Lanà. E grazie a un originale blend di Cortese, Barbera e Croatina, dal 2020 produciamo un Antico Rosato di ben 14% vol, il Grande Airone, in omaggio al grande Fausto Coppi. Invece dal Cortese, dopo una lunga macerazione sulle bucce, realizziamo il Caplét. Infine, con l’antica varietà autoctona Timorasso, creiamo due etichette: il Cru Santalbert e un Derthona strutturato, che supera il 14% di volume. Se doveste scegliere due parole chiave per descrivere i vostri prodotti, quali sarebbero?  Due sole parole è un po’ difficile, dato che abbiamo ben oltre 10 etichette in vendita e se ci aggiungiamo le riserve… Tuttavia, più che un nostro giudizio, preferiamo rifarci agli apprezzamenti ricevuti, sia dai visitatori enoturistici sia da prestigiosi giornalisti e sommelier in varie guide o mensili di settore. Tra le loro recensioni spiccano commenti come: “Autentica passione”, “Tutta la tradizione in un sorso”, “Poderosi” e “Mi ha fatto ricordare il vino che faceva mio nonno”. Quali sono per voi le tre regole d’oro per un buon vino?  1) Qualità delle uve. 2) Controllo della vinificazione. 3) Conservazione e servizio. Per non dilungarmi troppo, voglio approfondire solo quest’ultimo punto. È essenziale disporre di un luogo adeguato per l’affinamento o stoccaggio, affinché si possano preservare e migliorare le caratteristiche di un vino naturale. Il luogo deve essere buio e protetto da sbalzi di temperatura. Inoltre, è cruciale conoscere la temperatura ideale di servizio. Prendiamo ad esempio un grande Derthona: pur essendo un vino bianco, non dovrebbe mai essere servito ghiacciato o troppo freddo. Durante la stagione estiva, a mio avviso è consigliabile servirlo, mai al di sotto dei 10° o 12°C, mentre in inverno la temperatura ideale si aggira tra i 14° e i 16°C. Solo così si potranno esaltare e apprezzare appieno le sue straordinarie qualità. Tradizione e innovazione: come bilanciate questi due aspetti? Partendo dal rispetto delle coltivazioni tradizionali, tramandate di generazione in generazione, come la potatura di un tempo, abbinandola a nuove tecniche di salvaguardia e rispetto del taglio e alla scelta di varietà autoctone. Come cercate di coinvolgere attivamente i visitatori? Tra le varie strategie che adottiamo, come fanno tutti i produttori della nostra zona, possiamo menzionare l’organizzazione di degustazioni a tema e la narrazione della storia della nostra cantina e del territorio, oltre all’uso dei social media. È fondamentale ricordare, però, che non dobbiamo isolarci come cattedrali nel deserto; è essenziale condividere le nostre esperienze e rafforzare il legame con altri produttori, anche di realtà diverse dalla nostra, ma importantissime e ben radicate nei Colli Tortonesi. Come vedete le attuali tendenze del mercato del vino? Ci sono nuovi sviluppi che influenzano la vostra produzione o strategia di marketing? Senza la possibilità di fare previsioni precise, credo sia difficile andare oltre il prossimo semestre. Tuttavia, anche se molti tendono ad indicare un consumo di vini frizzanti o spumanti italiani come tendenza, sono di tutt’altro avviso, perché più che una semplice tendenza, si tratta di un fenomeno ormai più che consolidato da decenni, perché dal 2013, le vendite di Prosecco e delle nuove denominazioni ad esso correlate avevano già superato quelle dello Champagne. In futuro, scommetterei con decisione sui vini rosati, che rappresentano un perfetto equilibrio tra delicatezza, aromi e accessibilità economica. Accanto a ciò, è innegabile l’attenzione crescente verso pratiche di viticoltura sostenibile, con un aumento della domanda di vini “naturali”. Il clima “pazzo”, non solo di quest’anno, ha influito nei vigneti. Cosa pensate dell’effetto del cambiamento climatico?  Forse dovremmo iniziare a pensare di coltivare nuovi impianti più riparati ed esposti a Nord e ad altitudini maggiori, in modo da ricercare una maggiore freschezza dei terreni, dotandoci di opportune tecniche di conservazione dell’acqua piovana, da riutilizzare uando necessario con impianti irrigui a goccia, tecniche di conservazione del suolo, ampliamento della biodiversità e pacciamature nei periodi più caldi e siccitosi. Cosa pensa del cambiamento climatico? Se il clima diventerà sempre più estremo, dovremo adattarci, implementando infrastrutture, che ci possano dare una sorta di riparo, partendo a monte per poi arrivare a valle, con fossi e adeguate pulizie nei boschi e ove necessario piantumando nuovi alberi o interi boschi (che rappresenterebbero un alleato fondamentale nell’assorbimento dei gas serra), tenere puliti “come autostrade” i greti e i bordi dei fiumi e ove necessario, togliendo sabbie e ghiaioni. La sfida climatica non è solo tecnica, ma richiede il coinvolgimento di tutti noi: comunità, amministratori e singoli cittadini. Dobbiamo agire con responsabilità e lungimiranza, perché le scelte che facciamo oggi determineranno il nostro domani e quello delle generazioni future. “Perché il vero coraggio non sta solo nel combattere le avversità, ma nell’immaginare e costruire un futuro sostenibile. Ai posteri l’ardua sentenza, ma a noi l’impegno di scrivere il presente”.