La tradizionale sagra dedicata alla castagna si vivrà domenica 12 ottobre in uno dei Borghi più Belli d’Italia che, come ogni anno, in questa occasione, aprirà le porte ai visitatori in una cornice di colori autunnali. E di profumi e sapori quando dai padelloni allestiti in piazza Doria salirà l’aroma inconfondibile che annuncia il momento più autentico dell’autunno: scartocciare le caldarroste.

Come ogni anno operatori economici, ristoratori e artigiani daranno il meglio con le loro produzioni, pranzi della tradizione e prodotti artigianali e a km 0 con stand di hobbisti artigiani e produttori locali. Dalle 11 la pro loco inizierà la distribuzione di caldarroste e lo stand gastronomico aprirà alle 12 con pasta e fagioli, salamino con crema di Montebore, patatine fritte, cialde con crema di marroni e nel pomeriggio le tipiche fersulle con crema di marroni. Il tutto allietato dalla musica dal vivo de “I ragazzi di strada”, la fisarmonica di Alessandro dalle 12 alle 16, nel pomeriggio Iria Podcasting in piazza della Chiesa. Alle 19 grande spettacolo di fuoco con Ansensà Fire Juggling. Per i più piccoli i pony di Silverado Ranch in piazza Alvigini, Truccabimbi con Pazzanimazione in piazza Doria. E poi le mostre: la collettiva dei pittori Brignani, Massone e Carta a palazzo Fieschi e la rassegna fotografica paesaggistica Giraudo Casanova allestita in sala polifunzionale.
Fò seu e kastégne
Le castagne hanno sfamato da sempre i valligiani. Sentiamo come avveniva la raccolta dalla voce di Antonio Mandirola che ne parla anche nel suo libro “Tracce”. “In alcune famiglie si potevano raggiungere anche i 50-60 quintali. Il prodotto si rendeva disponibile intorno alla metà di ottobre e la raccolta veniva di solito accodata a quella della semina del grano. L’attività doveva concentrarsi in una decina di giorni perchè il prodotto non poteva restare a lungo a contatto con l’umidità del sottobosco. In presenza di forti produzioni si ricorreva alla presenza di lavoratori giornalieri. La giornata lavorativa prevedeva l’orario continuato con una breve pausa per il pranzo consumato nel bosco. Nel tardo pomeriggio con l’ausilio della slitta trainata da buoi si portava a casa il prodotto che era destinato in parte alla vendita e in parte alla conservazione. In questo caso si immergevano le castagne in acqua per circa una settimana. L’operazione serviva ad individuare quella parte di castagne di scarto, subito evidenziato dal galleggiamento. Le castagne bucate, cioè visitate da piccoli vermi, e i «kasù» castagne senza polpa dalla forma di un piccolo mestolo, venivano scartate.

Per l’immersione in acqua si utilizzavano conche, mastelli, vecchie botti e in caso di forti quantità anche la bigoncia. Durante il periodo di ammollo si notava il progressivo intorpidimento dell’acqua che avrebbe assunto il colore stesso della buccia di castagna data dal tannino che si sarebbe comportato da agente sterilizzante. Dopo circa una settimana di ammollo seguiva un nuovo ciclo di immersione in acqua pulita per allontanare la carica tannica. La produzione destinata all’essiccazione veniva chiusa in sacchi di iuta e subiva ulteriori trattamenti. Venivano poste in un sacco, la saketta, e ripetutamente scosse sopra un ceppo per staccare le bucce. Con l’uso del “valo”, strumento di vimini intrecciati usato per separare legumi e cereali dai loro baccelli, si sarebbero poi separate le bucce dalla polpa. Un ulteriore cernita destinava alla vendita il prodotto migliore e l’altro veniva usato in casa per accompagnare latte e farne zuppe e trasformato al mulino in farina poi utilizzata per il suo alto valore proteico per preparare pane, pasta e dolci”.

