Andrea Pagani Pratis: una morte in carcere da chiarire

L’avvocato difensore presenta un esposto in Procura

Ammantata di mistero, purtroppo, la scomparsa in carcere ad Ivrea (nella foto) il 7 gennaio, del 47enne Andrea Pagani Pratis, il casalnocetese che nel 2019 uccise a coltellate il padre, e che venne condannato a 18 anni di carcere. Il suo avvocato, Pietro Ratti, ha presentato un esposto alla procura di Ivrea forte di quanto è stato pubblicato dal giornale interno del carcere, “La Fenice” al quale Pagani Pratis collaborava attivamente con lo pseudonimo di Vespino. Anche un amico d’infanzia del deceduto ci ha segnalato questo fatto, ricordando che “non intendo di certo riabilitare Andrea, nè sminuire le sue colpe, ma semplicemente ricordare che la sua pena era di scontare 18 anni di carcere e non di morire solo e in agonia con una tachipirina nello stomaco. Al contrario Messina Denaro è stato curato e trattato con guanti di velluto”.

In effetti l’articolo della rivista del carcere è abbastanza inquietante. Ricorda che “il 7 gennaio 2024, mi sveglio alle 9 di mattina come sempre all’apertura delle celle e vengo informato dai miei compagni di sezione che un’ora prima mentre io ancora dormivo, è morto un nostro caro compagno. Le prime indiscrezioni parlano di morte per embolia polmonare. In effetti il ragazzo in questione di cui non farò il nome per rispetto suo e della sua famiglia, stava male da più di una settimana e sembrava stare sempre peggio”. Più avanti “in questa vicenda ci sono delle responsabilità da accertare nell’area sanitaria di quest’istituto e tengo molto a sottolineare questo punto perché il caso in questione è stato preso troppo alla leggera e fatto passare per una semplice influenza, ma tutti noi della sezione dove è avvenuto il fattaccio avevamo dubbi a riguardo, perché il ragazzo faceva fatica a camminare, respirare, muoversi, aveva dolori in ogni parte del corpo, in più negli ultimi giorni era sempre più bianco/giallastro e aveva le labbra viola. Questa volta mi sento anche di affermare che da parte degli Agenti della Polizia Penitenziaria c’è stata la massima disponibilità nel cercare di aiutare il ragazzo e a farlo scendere in infermeria ogni volta che lo chiedeva. L’ultima volta che il ragazzo è sceso in infermeria che dovrebbe essere stato proprio ieri, l’hanno dovuto accompagnare perché come ho scritto prima faceva fatica a camminare da solo” e “gli è stato detto dal dottore di turno “prendi una Tachipirina ed un Brufen e vedrai che ti passa”, fino alla tragica morte del ragazzo di questa mattina”. Nell’articolo della rivista carceraria si legge anche che il Pagani Pratis “Aveva fatto anche una domandina (mod. 393), un piccolo prestampato con il quale noi detenuti facciamo le nostre richieste alla direzione carceraria o sanitaria, dove esprimeva la volontà ed appunto la richiesta di poter essere ricoverato” ed è tornato in cella “con i soliti Tachipirina e Brufen con la faccia gialla e le labbra viola ed un altro detenuto che lo portava perché, come ho già detto due volte, il ragazzo non riusciva a camminare da solo. Dopo neppure 12 ore è morto”. Ora, chiaramente è tutto da verificare, non vi sono prove e non possiamo affatto fare nostro quanto scritto sulla rivista carceraria, ma anche l’avvocato Ratti ha alcuni dubbi, e nell’esposto chiede, appunto, che la procura di Ivrea chiarisca tutte le circostanze. Chissà se si riuscirà a far luce su questo fatto!

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