Il nostro ospedale lo specchio di una sanità svenduta

Fa sicuramente piacere aver dato la notizia da parte dell’Asl di realizzare un nuovo blocco operatorio e ristrutturare ancora il pronto soccorso. Scriviamo ancora perché l’attuale ha avuto una ristrutturazione lunga ed estesa, iniziata nel 2008 e terminata nel 2018, per cui ci viene spontanea la domanda: ma perchè spendere ancora tante centinaia di migliaia di euro? L’altra domanda l’abbiamo scritta a fine ottobre ed ora la ribadiamo: cosa serviranno questi lavori se tutto il complesso ospedaliero è semivuoto ed al pronto soccorso c’è solo un medico?  A questo proposito dobbiamo ricordare che le cifre degli accessi al pronto soccorso cittadino sono in aumento, potrebbero aggirarsi sui 17 mila, anche se ci sarebbe da vedere il “colore” degli accessi, moltissimi dei quali sono bianchi, e vedere se questi accessi non hanno poi portato ad un trasferimento d’urgenza ad altro pronto soccorso, Novi Ligure o Alessandria ove vi sono i reparti che a noi mancano.

Perché se il trasporto avviene in ambulanza, gli autisti sanno già a quale pronto soccorso fare riferimento (Novi Ligure, ad esempio, per neurologia) mentre quando l’accesso avviene con il trasporto del paziente da parte del parente, spesso si ha solamente un numero in più. La decadenza del nostro ospedale, per volere esclusivamente politico, inizia nel 2013 con la chiusura del reparto di ginecologia, un fiore all’occhiello con il dottor Dabormida, per continuare nel 2015 quando venne trasferita cardiologia, il cui reparto era stato appena ristrutturato e dotato di nuove apparecchiature, poi neurologia sempre nel 2016 (ed anche in questo caso con un reparto all’avanguardia, ristrutturato e dotato di macchinari nuovi pagati dalla Fondazione Cr Tortona) e tutti noi ricordiamo le parole dell’allora primario Paolo Provera che all’inaugurazione affermò: “queste nuove apparecchiature permettono di intervenire tempestivamente perchè per chi è colpito da ictus la tempestività delle cure è fondamentale”. Infine con la chiusura del reparto di pediatria “non c’è più ginecologia, c’è l’ospedaletto in Alessandria”. Poi piano piano si sono ridimensionati gli altri reparti, ed il nostro ospedale, che aveva centinaia di posti letto, è divenuto un piccolo ospedale con nemmeno 100 posti letto. Poi è arrivato il covid ed abbiamo dovuto ancora pagare pegno; per ben due volte l’ospedale è stato chiuso e dedicato solamente ai malati di Covid, con le scene che tutti noi ricordiamo: la tenda in cortile per il pronto soccorso, la decina di ambulanze provenenti da Torino in attesa di entrare, e così via. Ma qui vogliamo ricordare che cinque anni fa, di questi giorni, avvenne la seconda chiusura per Covid con il presidente regionale Cirio e l’assessore alla sanità Icardi che si dichiararono dispiaciuti per questa decisione (Cirio addirittura disse che non dormì la notte!). Il sindaco Chiodi nel 2020 inviò una serie di richieste alla Regione: “1) riclassificazione del pronto soccorso come DEA di I livello; 2) riapertura dei reparti di Cardiologia e Rianimazione (indispensabili per il DEA); 3) riapertura di Neurologia almeno come struttura semplice; 4) attivazione di un day hospital pediatrico a supporto dell’ambulatorio; 5) ampliamento degli orari degli ambulatori già presenti; 6) completamento ed apertura, nei tempi più brevi possibili, del nuovo reparto di riabilitazione che da anni è stato previsto, ma non ancora realizzato; 7) aumento dell’organico in forza all’ospedale per garantire l’efficienza dei servizi attuali ed in numero adeguato al potenziamento richiesto”. Lasciamo valutare ai lettori cosa e quanto di queste richieste sono state accolte dopo ormai 5 anni, a parte la apertura del reparto di fisiatria, dato in mano ai privati per una spesa di quasi 50 milioni di euro. In tutto questo le forze politiche cittadine sono rimaste sostanzialmente mute: quelle di maggioranza per ovvi motivi essendo anch’esse di centro destra come in Regione, mentre non riusciamo a comprendere il silenzio e la dimenticanza del problema da parte della minoranza. Ed è anche per questa pochezza politica che la nostra città si è trovata un simile ospedale, e vive lasciando costruire immensi capannoni ove, nella maggioranza dei casi, si lavora per poche centinaia di euro al mese.

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